domenica 15 gennaio 2012

# 19 - The end has no end.



Colonna sonora: The Strokes - The end has no end (consigliamo l'ascolto durante la lettura). 




Da quella notte in poi la mia vita sarebbe stata diversa. 

"Hey, ciao, sì sì hai ragione, non sei ancora stata chiamata perché in effetti qui non facciamo più assunzioni. La crisi, sai no? Comunque se dovesse saltar fuori qualcosa ti faremo sapere sicuramente, non preoccuparti!"

La telefonata che mi cambiò la vita.

L'ennesima delusione, era andata male di nuovo. Niente lavoro, niente prospettiva, un bell'accidente di niente, per me come per altri, in quel periodo.
Ci avevano cresciuti ripetendoci, nelle classi del liceo, 'voi siete il futuro di questo paese, rimboccatevi le maniche e preparatevi a cambiarlo'. 


Merda. I nostri genitori ci avevano lasciato solo quello, merda e nient'altro. Un enorme cumulo di rovine accatastate fino al cielo. Vivevamo in una squallida discarica abbandonata, e sotto a quelle macerie dovevamo scavare a mani nude ogni giorno in cerca di prospettiva, in cerca di lattine di posti fissi, di torsoli di mele con dentro semi di stipendi onesti, vecchi cerchioni ossidati di sicurezze e se ti andava bene scavavi in cerca di gioielli da rivendere per prendere, andare, partire. 


'No', 'No, mi dispiace', 'Cara siamo a posto così', 'Prova al supermercato qui di fianco', 'Siamo davvero dispiaciuti, ma no, non abbiamo bisogno'. La formula a quei tempi era sempre la stessa. Alcuni ti respingevano con eleganza, altri l'eleganza l'avevano vista forse da lontano, o forse erano semplicemente in crisi quanto noi. 


Un esercito di giovani freschi freschi, mandati al macello come bestie, a sentirsi dire sempre la stessa cosa. 


Ero troppo bassa per fare la modella, troppo bella per fare la cassiera. Ero troppo intelligente per coltivare pomodori, non lo ero abbastanza per occuparmi della contabilità. Ero troppo qualificata per gestire le comparse dietro le quinte, non lo ero affatto per lavorare al negozio di tavole da surf. Troppo gentile per lavorare con quel businessman, non abbastanza puttana per lavorare con l'altro. 


Camminavo ogni mattina per la mia città e mi guardavo intorno, in cerca di occasioni. 
Ci avevano cresciuti dicendoci 'il mondo è pieno di occasioni, basta solo saperle cogliere!' ma da quando i miei studi erano terminati, le uniche cose che ero riuscita a cogliere, erano gli sguardi perentori dei capi d'ufficio che non volevano ripetersi dopo avermi detto 'no' la prima volta. 

Avevo colto tante occasioni, l'occasione di spendere un mucchio di soldi per comprare una camicia elegante per presentarmi ai colloqui, l'occasione di rovinare quella stessa camicia lavorando per una settimana da McDonald's, avevo colto anche l'occasione di scivolare sulla gradinata del parco facendo il provino per uno spot, e quella di sentirmi dire 'ha una macchia sulla camicia, signorina, sembra olio da frittura'.


Ogni volta era 'no' e all'ultimo 'no', il 'no' di quella sera, presi una decisione.
Le occasioni dovevano esserci per forza, forse non erano dove le cercavo io, dove le cercavamo noi tutti. 


Ciascuno di noi deve cercarsi la sua, di occasione, e andarsela a prendere. 
Non ero fatta per marcire in quella città dimenticata da Dio. Non ero nata per tramontare così in fretta. Non ero al mondo per non farne parte. 


La mia occasione arrivò quella notte. 
Tornata a casa dopo aver ricevuto la fatidica telefonata, in un impeto di furia e rassegnazione, decisi di mettere a posto la casa (le donne lo fanno sempre, in un momento di crisi o di cambiamento). 


Sotto al letto trovai la scatola della mia occasione, e per trovarla non dovetti nemmeno scavare (non così a fondo, almeno). 


Dentro c'erano opuscoli e cataloghi. Da bambina sognavo di poter partire, di poter vivere in un posto meraviglioso e di poter accudire tartarughe. Fare il bagno tutti i giorni, mangiare mango e banane fino all'indigestione, potermi guadagnare da vivere intagliando statuine a forma di scimmia e infilando perline per creare braccialetti.


L'illuminazione arrivò in quella notte di novembre, mi attraversò la testa come un fulmine potentissimo, scosse la terra sotto ai miei piedi e in un momento fu tutto chiaro.


Il giorno dopo preparai il mio borsone. Costumi da bagno, guide turistiche e scarponi da escursione. 


Mollai tutto. 


Stavo andando a prendermi la mia cazzo di occasione.
Fumai l'ultima sigaretta della mia vecchia vita guardando il sole sorgere, in quella fredda mattinata invernale. 


Non avrei più visto il sole allo stesso modo. 
Salutai la mia città chiudendo gli occhi e ringraziandola. 
Chiudendomi tutte le porte in faccia, mi aveva regalato la mia possibilità di cambiare le cose, cambiarle per me.

Quella fine, per me, non era affatto la fine.

Partii, e partire fu come sollevarmi da terra e prendere il volo. 
L'assenza di peso mi fece volare in un posto lontano, dove ogni cosa sembrò giusta dal primo momento.

Quando una cosa ti sembra così giusta, è perché lo è. 
Il cambiamento non mi spaventò nemmeno per un istante.


Perché tutto cambia, persino le pietre. 

Dalla fine, cominciò tutto il resto. 





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